Abbazia
Abbazia di San Giusto, Tuscania
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L’ABBAZIA OGGI

Nel 1990 Mauro Checcoli, ingegnere bolognese e medaglia d’oro olimpica (Tokio 1964), insieme alla sua famiglia, acquistano da un pastore i ruderi dell’Abbazia di San Giusto a Tuscania, un’abbazia cistercense fondata nel 1146 in stato di abbandono da più di sei secoli. Subito decisero di farla rivivere impegnandosi in un arduo e un po’ folle percorso di scavo, restauro e ricostruzione iniziato nel 1994, oggi quasi del tutto completato.

 

Oggi l’Abbazia di San Giusto è un’azienda agricola biologica eco-compatibile che produce oli essenziali, ma è soprattutto un luogo polivalente e multiforme pensato per accogliere viaggiatori, artisti, appassionati di natura e d’arte.

 

Questo luogo ancora magico per molti, come per quelli che lo scelsero allora, è uno scenario unico, dove l’opera dell’uomo e quella della natura si fondono in una valle incontaminata tra il fiume, i campi di lavanda e gli ulivi.

LA STORIA

L’ABBAZIA DI SAN GIUSTO, TUSCANIA (XII secolo)

 

L’Abbazia di San Giusto riunisce molti secoli di storia in uno splendido luogo.

Il monastero si affaccia sulla valle del fiume Marta, protetto da colline su entrambi i lati. Questa zona, a quattro chilometri da Tuscania, è stata anche in tempi antichi una zona abitata, e ci sono ampie prove di insediamenti etruschi e romani in questa parte della valle. La presenza di sorgenti naturali di acqua potabile ha sicuramente incoraggiato gli insediamenti fin dall’inizio, e la presenza della vicina Via Clodia, il fiume Marta, e il mare hanno reso possibile alle persone di raggiungere la zona.

L’area era facilmente accessibile, e quindi le difese divennero fondamentali: le grandi mura di Tuscania (chiamata un tempo Toscanella) e le grotte nascoste nelle colline di San Giusto ci ricordano che l’ormai tranquilla campagna laziale era spesso una scena di guerra e saccheggi.

Papa Gregorio Magno racconta la prima attività monastica in Lazio nei suoi Dialoghi (scritti attorno all’anno 593-594) dove monaci, anche a nord di Roma, conducevano una vita cenobitica, cioè vivevano in comunità; Successivamente furono raggruppati sotto la guida di un abate che possedeva piena autorità su di loro. L’abate è stato a sua volta destinato a obbedire la volontà del vescovo locale.

 

La prima notizia sicura di una comunità monastica di San Giusto è della fine del X secolo (un documento risalente all’anno 962): monaci benedettini, seguendo la Regola di San Benedetto da Norcia, fondarono un monastero nella valle del fiume Marta, e, data la mancanza di notizie successive, è possibile che il sito sia stato abbandonato.

A metà del XII secolo, in un’epoca in cui la popolazione della regione stava crescendo di nuovo, venne fondata una nuova abbazia cistercense. In questo periodo, era nato il nuovo ordine monastico, i Cistercensi: nato a Cîteaux (dal latino Cistercium, da cui cistercense/i), e rapidamente espanso in tutta Europa. L’ordine, che desiderava un modo di vivere più semplice ed austero, fu fondato da Robert e Alberico de Molesne e reso popolare da Bernard de Clairvaux (1090-1153). I Cistercensi erano noti per la loro competenza della manodopera agricola e la loro padronanza della tecnologia idraulica. I loro monaci indossavano cappucci bianchi e sono spesso conosciuti come Padri Bianchi.

 

Il 26 luglio 1146, l’abbazia cistercense di Fontevivo (Parma), abbazia figlia di Clairvaux (Francia), inviò un gruppo di monaci a reinsediare San Giusto come abbazia cistercense. Qui, come altrove, i cistercensi fecero buon uso delle risorse idriche naturali per fornire l’abbazia con acqua per la cucina, le fontane, le latrine, e per altri usi. Praticavano irrigazione, allevamento, riforestazione e attività artigianali.

 

A San Giusto si possono ritrovare tutte le parti di un’abbazia del XII secolo,: la Chiesa (il luogo di preghiera), la sala capitolare (per la discussione, l’insegnamento, e la spiritualità di gruppo), lo Scriptorium (per attività di studio e intellettuali), il Refettorio (dove venivano serviti i pasti), il dormitorio, e il Cellarium (per le attività pratiche, lavoro manuale, e la conservazione degli alimenti).

Sul lato occidentale dell’abbazia sono edifici per i Conversi, o fratelli, che non avevano stato clericale, ma che vivevano e lavoravano al monastero come laici. Indossavano un abito marrone invece di bianco ed erano esclusi dal presbiterio della chiesa durante le funzioni liturgiche.

Il 2 aprile 1178, sotto la guida di Abate Donato, Papa Alessandro III (1159-1181) concesse notevoli privilegi e protezione apostolica all’abate di San Giusto: Abbati monasterii Sancti Iusti prope Tuscanellam ordinis Cistercensi (“l’abate del monastero cistercense di San Giusto nei pressi di Tuscania” ).

La rigida regola dell’ordine cistercense era difficile da mantenere, e le relazioni tra San Giusto e Fontevivo peggiorarono nel corso del XII secolo. Nel 1194 il Capitolo Generale (assemblea) dell’Ordine cistercense condannò l’abate di San Giusto per irregolarità. La condanna è stata ripetuta nel Capitolo generale del 1202, quando l’abate di San Giusto è stato deposto a causa di presunti cali di disciplina monastica. Ci sono alcune evidenze archeologiche – le ossa di animali macellati, evidentemente per il cibo, e, peggio ancora, dadi da gioco fatti di ossa di animali – che i Cistercensi di San Giusto erano meno severi.

 

Per porre rimedio a questi problemi, l’ordine cambiò l’istituzione madre di San Giusto. In primo luogo venne posta sotto il controllo dell’abbazia di Casamari. In seguito, nel 1255, papa Alessandro IV (1254-1261) collocata San Giusto sotto il controllo di Sant’Anastasio ad Aquas Salvias, meglio conosciuto come Tre Fontane. L’abbazia ha continuato ad avere abati nel XIV secolo, ma fu soppresso definitivamente nel 1460.

Da allora in poi i suoi edifici caddero in rovina, e solo nel corso del XIX secolo i ruderi vennero adattati in maniera per utilizzarli come stalle e magazzini agricoli.

Chiesa, Torre e Cripta


 

La Chiesa è divisa in tre sezioni: il presbiterio per i monaci, presso l’altare; una sezione centrale per i fratelli laici (conversi); una terza sezione, vicino al portale, per gli ospiti, i pellegrini e malati.

Sotto terra ci sono i resti di una precedente, più vecchia e più piccola chiesa (forse un’antica pieve). Ci sono anche alcune iscrizioni romane riutilizzate nel pavimento: uno vicino alla canonica di un certo Claudio, morto all’età di 65 e un altro, su un lato e non leggibile, nella sezione dei fratelli laici. Sotto due grandi lastre di vetro sono i resti delle fornaci per fondere le campane, sia nella fase benedettina e nella fase cistercense.

 

La cripta sottostante ha una forma che può essere trovata altrove in Italia centrale, simile a quello dell’abbazia di Farneta a Foiano della Chiana.

Il portale reca un’iscrizione in marmo:

Rainerius Levita et Monach (us) op hoc (us) iu fieri (s) siedono temporibus Domni Alberici umilis ABB (ati) s

 

(Rainerius, diacono e monaco, ordinato questo lavoro da effettuare ai tempi di Lord Alberico, umile abate).

A – Il Chiostro  Notare la particolarità del terzo lato, utilizzato dai fratelli laici e che si distingue per il suo uso del legno dai lati utilizzati dai monaci.

 

M – Sala Capitolare  (Capitolum): la sala dove il capitolo (tutti i monaci dell’abbazia, simile ad un parlamento) si riuniva.

 

L – Parlatorio  (Parlatorium): la stanza in cui i monaci avevano il permesso di parlare tra loro o con l’abate.

 

I – Scriptorium  la sala per lo studio e la conservazione dei manoscritti copiati nelle abbazie. Si possono ancora vedere alcuni archi, utilizzati come supporti per le librerie.

 

A – Fontana   è stata ricollocata lungo un lato del chiostro, così come era stata trovata anche se smontata con i vari pezzi danneggiati. Serviva probabilmente per lavare i cibi e anche per la pulizia dei monaci, riservando l’acqua della sorgente sottostante per l’uso alimentare.

Sorgente   si trova sotto ad un arco che sorregge le scale che vanno al dormitorio dei monaci, si trova nel punto più basso del monastero perché in questo modo assicura in ogni stagione dell’anno anche in caso di siccità, la continuità del flusso dell’acqua.

 

F – Refettorio    la mensa dei monaci . La nicchia nel muro era la credenza per i piatti e bicchieri. La piccola finestra era il passavivande, per far passare i piatti caldi direttamente dalla cucina nel Refettorio.

 

E – Cucina   Cucina

 

D – Cellarium   la stanza dove monaci e fratelli laici (laici che vivevano e lavoravano in Abbazia) lavoravano, e dove si conservava il cibo.

 

Impianto idrico   Come in ogni abbazia cistercense il sistema idraulico era ed è efficiente, capillare e raffinato. Il complesso di edifici è stato costruito ai margini di una ampia falda sabbiosa acquifera, che si trova circa trenta metri sotto il piano di campagna circostante e che attraversa tutta la sezione che scende verso il fiume Marta.

I monaci hanno captato l’acqua in vari punti per usarla secondo le loro necessità e per raccoglierla sotto l’abbazia per alimentare una peschiera pulita e gli orti con quella sporca.

Infatti, una prima captazione fornisce acqua ad un pozzo per l’hospitium; una seconda forma una vasca ampia destinata ad abbeveratoio ma che poi alimentava (ed alimenta tuttora) la vasca lavamani circolare collocata dentro il chiostro, dopo aver servito la cucina; una terza forma una bellissima fonte di acqua potabile a margine del chiostro: una quarta infine forniva un flusso costante che ripuliva le latrine.

Come si vede quindi un sistema che distribuiva l’acqua dove era necessaria e dove si addensava la presenza dei monaci,. Ancora oggi il sistema è efficiente e visibile.

Secondo piano

P – O – Dormitorio dei monaci    dormitorio per 20-24 monaci. Le scale davano accesso alla chiesa anche durante la notte per la liturgia delle ore. Ad una estremità del dormitorio si può vedere un grande gabinetto il cui sistema di smaltimento è, ancor oggi, perfettamente funzionante.

 

N – Dormitorio fratelli laici   dormitorio per 20-24 fratelli laici (laici che vivevano e lavoravano in Abbazia).

IL RESTAURO

COMING SOON

VISITE

Orario estivo:

aperto tutti i giorni

H 9-12    H 15-18

Orario invernale:

visite su prenotazione.

L’Abbazia, fin dall’origine è stata acquistata e restaurata allo scopo di permettere a visitatori, appassionati e a studiosi di visitare un’abbazia cistercense nella sua completezza, cosa rara in tutta Europa.

È possibile fare visite individuali e di gruppo, meglio su prenotazione scrivendo a:

abbaziadisangiusto

o chiamando i seguenti numeri:

T 3402392820    T 3382568826

 

Visitare l’abbazia non richiede un biglietto d’ingresso. Per questo chiediamo, a chi volesse, di aiutarci con un’offerta libera o anche acquistando i prodotti della nostra Azienda Agricola.